domenica 4 dicembre 2011

L'epilogo di una traversata

E' il pomeriggio del 3 dicembre. Sono arrivato da poche ore a Salvador de Bahia e io e la barca siamo in un tale stato confusionale che, mi sono detto, l'unica cosa sensata da fare e' sedersi , fermarsi, lasciare che piano piano la mente e il corpo tornino ad uno stato di normalita'. Una traversata in solitario crea sempre uno stato d'animo di alterazione della sensibilita' e dei processi mentali, quasi un'effetto dopante che si riassorbe nei giorni successivi all'arrivo. Conosco questo stato, non mi sorprende, e' anche piacevolmente esaltante. Si ha la soddisfazione di aver ultimato una cosa che, quando la inizi non sai mai dove in effetti ti portera', e per quali stadi si sviluppera'. Quello che questa volta e' differente da altre e' l'ultimo giorno, e cioe' gli accadimenti di ieri sera e stanotte. Cominciamo dall'appuntamento di ieri sera con gli amici radioamatori. Eravamo tutti molto contenti, tranquilli. Ormai era solo questione di far passare le ultime miglia e, io per primo, non ci ponevamo la questione che una traversata non e' terminata finche' gli ormeggi non siano assicurati nel porto di destinazione. A dire il vero io, nel mio intimo lo sapevo, ma, obbiettivamente non vedevo grandi problemi a fare quelle ultime miglia. Pensavo piuttosto all'avvicinamento a Salvador, agli apprestamenti per l'atterraggio, alla necessita' di farmi trovare preparato a tutte le eventualita' che la cosa avrebbe potuto presentare. E cosi', vedendo che il vento si manteneva gagliardo, contrariamente alle aspettative e alle statistiche, verso l'imbrunire decido di avvolgere un po' il fiocco. Dovevamo rallentare perche' mantenendo la velocita' che avevamo, ci saremo presentati di fronte all'ingresso della baia troppo presto e avremmo dovuto passare buona parte della notte ad attendere pencolando nell'oceano fuori da qualsiasi protezione. Il vento forte e il moto ondoso lo sconsigliavano. Facevamo quasi sei nodi mentre avrei voluto mantenere circa quattro. Ecco quindi che, con la randa gia' ridotta, dovevo ridurre l'area del fiocco. Gia', ma dopo due giri, l'avvolgifiocco si blocca. Provo con le buone, poi provo con un po' di forza. Nulla da fare il coso non girava. Questo era gia' un problema serio, se non puoi avvolgere il fiocco, gia' eccessivo con il vento del momento, cosa farai in caso di rinforzo? E all'arrivo poi che cosa si fa? Si ormeggia col fiocco tutto aperto? Follia. La preoccupazione mi ha assalito alla gola. E' un'avaria temutissima da chi va per mare. Mi consolo dicendo che al limite lo ammaino e procedero' a motore. Comunque la preoccupazione c'e'. Ho un bel dirmi che l'ammainero', puo' darsi che con tutto quel vento non sia una operazione semplice. Intanto Ulyxes procede di gran carriera e le miglia si consumano in fretta. E' gia' buio e mi viene l'idea di tentare di intervenire sull'avvolgifiocco , magari, mi dico, riesco a sbrogliare la cosa. Mi armo di lampada frontale, attrezzi, buona volonta' e vado a prua. In ultima analisi e' accaduto che la sagola, quella che si avvolge dentro il tamburo dell'avvolgifiocco si era "incasinata". Sin dal passaggio nella ITCZ avevo, in tantissime occasioni, avvolto parzialmente, e poi risvolto, e poi riavvolto il fiocco e la sagola e' riuscita, sa il cielo come, a avere delle volte, che sarebbero dovute essere esterne, all'interno e viceversa, per cui praticamente, quando andavo a tirare per avvolgere, le volte capitate all'esterno strozzavano quelle poste all'interno e il tutto diventava un pacchetto inestricabile. Con la forza di chi sa che e' nella m..rda ho fatto cio' che non pensavo potessi riuscire a fare, ovvero ho svolto l'intero tamburo, una quindicina di giri estraendo tutta i trenta metri di sagola, giro per giro, e poi, cercando di dare ordine al tutto, reinserirla, facendo il lavoro opposto a quello di prima. Due ore di lavoro, fatto piu' a tatto che vedendo realmente cio' che facevo, in questo mi ha aiutato molto la luna. Finalmente torno in pozzetto. Sperando nel miracolo provo, prima delicatamente e poi con rabbia, a riavvolgere il fiocco. Niente da fare. Ero al punto di prima. Non vi nascondo che ero nelle ambasce. Provavo rabbia perche' il sogno di un arrivo da godere si stava trasformando in un arrivo molto problematico. Allora passo all'opzione ammaina mento. Non posso continuare a correre cosi' tanto, devo liberarmi della vela. Una volta ammainato il fiocco mi restera' la trinchetta che, seppur piccola, qualcosa fa in sostituzione del fiocco. Vado all'albero, mollo la drizza del fiocco, vado a prua per tirarlo giu' e... lui non viene giu'. C'e' troppo vento e, malgrado mi appenda con il mio peso alla stoffa della vela, questa non si muove di nulla. Regolo Scipio in modo da sventare la vela completamente, ma il troppo vento fa si che l'attrito che essa trova nello scendere dentro la sua canala la freni inesorabilmente. Mi sento quasi perso. Faccio degli sforzi terribili ma il risultato e' sempre lo stesso. Il fiocco non scende, sbatte come un forsennato ma il maledetto non scende. E adesso poveruomo, mi sono detto, che caspita fai? Avevo visto un caso analogo tanti anni fa in un porto greco e la situazione si e' risolta con un fiocco in pezzi, danni all'alberatura e all'avvolgifiocco. Ed erano in equipaggio, mica in solitario. Mentre la preoccupazione montava mi sono imposto di fermarmi un po' con la questione del fiocco, ero esausto e la stanchezza non aiuta a ragionare. Decido allora di accendere il motore per averlo pronto alla bisogna, non lo accendevo da una diecina di giorni. Giovanni parte bene come sempre. Dopo un paio di minuti pero', di colpo, ammutolisce. Mi e' quasi venuto un colpo. Era chiaramente un problema di alimentazione. Avevo cambiato tutti i filtri del gasolio solo venti ore motore prima per cui non potevo credere al loro intasamento. Comunque, mentre Ulyxes filava a tutta birra sotto il controllo di Scipio, tolgo i paglioli del motore. Attrezzi alla mano apro gli spurghi e, malgrado il buio, e' circa l'una, sento gia' a tatto che cio' che esce non e' gasolio ma acqua sporca di gasolio. Non c'e' scelta, bisogna spurgare. Questa operazione mi ha richiesto due ore di tentativi. In piu di una occasione mi son detto che non ci sarei riuscito. La contaminazione riguardava tutto, filtri (tre), pompe alta e bassa pressione, condotti e restava il dubbio su che cosa stesse realmente provenendo dal serbatoio. Ad ogni tentativo di spurgo e avviamento fallito, facendo violenza a me stesso, mi dicevo che, malgrado sembrasse tutto vano, dovevo continuare a provare. Con un fiocco che non si riavvolge e un motore che non parte sono in un vero cul de sac. Tenta che ti ritenta, facendo raffreddare il motorino d'avviamento ogni tanto, alla fine Giovanni, sputando e tossendo riparte. Si raschia la gola, perde qualche colpo, si riprende, zoppica ancora e poi, gaudio e letizia, riprende a girare tonto tondo, come uno strumento musicale. Credo che in quel momento non ci fosse al mondo niente che desiderassi di piu'. Il morale torna verso il positivo. Mi dico: e un problema e' risolto. E dicendolo stavo dicendomi che anche l'altro problema dovesse essere risolto. In qualche modo dovevo risolverlo. Non potevo accettare di rassegnarmi. Torno fuori in pozzetto. Tirava sempre quel simpatico aliseo a una ventina di nodi che tanto mi rallegrava. Mi piazzo con una mano all'avvolgifiocco e l'altra alla scotta del fiocco, regolo Scipio in modo che il fiocco fosse quanto piu' possibile sventato. Comincio a mollare e tirare alternativamente, cercando di cogliere il momento in cui l'avvolgifiocco sembrava meno in tiro. Miracolo! Dopo i primi tre giri guadagnati con gran fatica, forse perche', finalmente, la volta della sagola che era strozzata dalle altre si era liberata, l'avvolgifiocco si fa leggero e io, velocissimo, prima che il tanghero ci ripensi, lo riavvolgo senza dargli il tempo di capire che l'ho fregato. Si amici miei, sono state ore di ansia che , nel giro di pochi minuti, si sono sciolte in una sensazione di gioia e di soddisfazione infinite. Cio' che sembrava un sogno si era avverato. Sono passato dal buio alla luce in un tempo cosi' breve che non riuscivo a capire se fosse tutto reale (tenuto conto anche del mio stato di prostrazione fisica che era notevole). Che altalena di stati d'animo opposti! Insomma, come diceva un nostro CT della Nazionale di calcio, non dire gatto finche' non ce l'hai nel sacco. Cosi' come quando volavo sapevo che il volo era terminato solo quando era disceso dalla scaletta dell'aeroplano, cosi' una navigazione non e' terminata finche' dei solidi ormeggi non vincolino la barca alla solida terra. Ma che soddisfazione! E non venite a dirmi che somiglia a quella di colui che indossa le scarpe strette apposta. Cosi' dopo aver sofferto come un cane, quando si toglie le dannate scarpe gli sembra di toccare il cielo con un dito... Quando uno si mette in mare spera sempre che certe cose non gli accadano.

PS Certo che stamane, mentre percorrevo le ultime miglia, gia' dentro la baia, ascoltavo il rumore di Giovanni con un'attenzione tutta particolare. Ad ogni buon conto, avevo gia' l'ancora penzolante a prua e, al minimo accenno di tradimento sarebbe andata giu'. Intanto mi sarei fermato in una zona protetta. E poi, con calma, avrei pensato a come uscire dagli impicci. Ma non e' piu' accaduto nulla di meno che perfetto. E alla fine, gia' dentro il marina, una soffiata nel corno da nebbia, il tizio del marina accorre, mi prende gli ormeggi e sono a Salvador de Bahia. 

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