venerdì 4 novembre 2011

La riparazione di Ulyxes

Sono ormai a circa 150 miglia a sud-sudovest di Gran Canaria. Non prevedevo di fermarmici ma le necessita' l'hanno imposto. Infatti dovevo riparare l'avaria che si era verificata prima di arrivare alle Canarie e siccome mi dovevo avvalere di un cantiere e di un'officina meccanica, era giocoforza necessario fermarmi dove ero certo di trovare il necessario. Io conoscevo gia' bene Las Palmas di Gran Canaria. Nel 2004 vi avevo trascorso dei mesi e questo fatto mi dava fiducia che sarei riuscito a fare cio' che serviva. Inoltre in quei mesi avevo conosciuto delle persone delle quali serbavo un bel ricordo. Torno indietro al momento dell'avaria. Cos'era accaduto? Si era aperta una via d'acqua nel pancione di Ulyxes, che beveva, beveva? In qualche modo che un giorno vi raccontero', precariamente, sono riuscito a ridurre la via d'acqua ad una leggera infiltrazione. Mi sono messo in rotta verso Las Palmas, dove sono arrivato al mattino presto, dopo aver dormito in rada alcune ore. Il mio sollievo di essere arrivato in porto, al riparo, e protetto, mi faceva sentire quasi euforico. Che bello, mi dicevo, tra pochissimo ormeggio Ulyxes a qualche pontile, magari allo stesso della Escuela de Vela che mi aveva cosi' piacevolmente ospitato l'altra volta. Basta parlare con Pedro Texaco. Lui mi trovera' il posto. Pedro e' il gestore della stazione dei carburanti (da cui il nomignolo, Texaco e' la marca dei carburanti?), sa tutto, conosce tutto, risolve tutto. Eravamo stati in buonissime relazioni e, sicuramente mi avrebbe trovato l'ormeggio. E' vero che Las Palmas, in questo periodo e' strapiena di barche, di ogni nazionalita', che si preparano alla traversata verso i Caraibi. Ma anche l'altra volta era questo periodo, e il posto me lo trovo'. Entrando in porto riconosco bene i luoghi, che bello non dover scoprire niente e andare a colpo sicuro. C'e' una piccola novita' all'ingresso. Un cartello posto accanto al fanale verde da' il benvenuto, comunica la massima velocita' in porto e, ahi, l'obbligo di presentarsi all'Autoridad Portual. Prima uno accostava alla stazione carburanti, cercava Pedro e le formalita' erano finite. Va be', queste autorita' non saranno mica delle streghe cattive. Accosto al pontile apposito. Ormeggio in bello stile. Mi cambio e mi vesto con roba pulita, prendo i documenti e vado all'ufficio. Che bello calpestare il cemento dopo gli ultimi giorni di bolina contro un mare e un vento che ancora mi facevano sentire dentro un frullatore. Entro nell'oficina, si in spagnolo si chiama "oficina" ma e' l'ufficio, spesso a suo tempo ho equivocato. Dentro trovo "la fila". Da non credere, ero il quarto o quinto tapino con la borsa dei documenti in attesa di un ormeggio. Ero molto stanco, molto provato, non vedevo l'ora di ormeggiare al sicuro e di rilassarmi dopo le ultime vicende, vedere questa scena mi ha provato, mi e' caduto il mondo addosso, era di tutta evidenza che il mio sogno di una settimanella nella tranquillita' era appunto solo un sogno, La risposta per tutti era "un dia e nada mas", dopo un giorno dovevi sloggiare e, a tuo piacere, andare ad ancorarti oppure levare le tende. Quando arriva il mio turno assumo l'aria piu' depressa possibile, ma forse non c'era bisogno di impegnarmi, ERO depresso, e cerco di spiegare al tizio, che parlava un po' italiano, la mia situazione. La risposta, poco consolatoria, e' stata - Qui tutti hanno problemi, non possiamo fare eccezioni, un dia e nada mas. Li e' cominciata la mia crociata. Lascio l'oficina e vado a cercare Pedro. Lo trovo. Lui mi riconosce immediatamente e mi da uno spontaneo abrazo. Gli ho subito voluto un gran bene. Gli spiego la mia situazione e lui comincia a rimuginare, a pensare, ma poi, alla fine mi dice come lui ormai non abbia piu' alcun potere, l'autorita' portuale non lascia piu' alcuno spazio, e dire che posti barca liberi ce ne sono a iosa. Ma per i mesi di settembre, ottobre e novembre loro hanno stipulato degli accordi commerciali con l'ARC, una iniziativa per fare attraversare l'Atlantico in flotta a chi non vuole farlo da solo. Si parla di 300 (!) barche. Siccome queste trecento barche arrivano alla spicciolata, loro tagliano all'ingrosso e tengono i posti vacanti col risultato che non accettano barche in transito. La mia ansia comincia a diventare angoscia. Come diavolo faccio a riparare Ulyxes. Volevo sollevarlo e fare il lavoro come va fatto. Ma qui altro che alare la barca, non si parla neppure di darmi un rifugio. Penso al da farsi e mi reco all' Escuela de Vela. La segretaria mi riconosce, le spiego i miei guai e lei si impegna cercarmi il posto, magari quello di una barca momentaneamente assente. Ma dopo un'ora di ricerche si trova solo un posto da sei metri, la meta' esatta di quel che serve. La segretaria e' molto comprensiva, dispiaciutissima di non potermi aiutare. Io la ringrazio per l'interessamento ma sono sempre piu' nei guai. Ritorno da Pedro che mi suggerisce di rivolgermi al capo della Autoridad perche' gli addetti del "un dia nada mas" hanno disposizioni e non possono fare eccezioni. A quel punto torno all'oficina, ho sempre l'aria vagamente angosciata ma comincio anche a pormi diversamente. Decido che se non riesco ad ottenere piu' di un giorno gli diro' che non spostero' la barca dal molo di accoglimento, dove l'avevo ormeggiata ore prima, e mi rechero' alla Guardia Civil. Ho una barca in avaria grave e non posso accettare di essere trattato come tutti quelli che non hanno problemi. Non so se questa mia determinazione interiore in qualche modo trasparisse, io mi mantenevo diplomaticamente cortese come in precedenza, malgrado la mia montante irritazione, ero anche orami infinitamente stanco, e cercavo di mantenere uno stretto controllo di me stesso e delle mie reazioni. Ho ripreso il discorso con gli addetti, che forse in mia assenza si erano consultati, ho spiegato come avevo bisogno dell'intervento di un sub e questo all'ancora non si puo' fare, gli ho ripetuto che la barca rischiava di affondare e allora, miracolo, mi hanno concesso due giorni, facendomi capire, senza prometterlo, che forse potevo averne ancora altri due. 
Pago, mi sposto al posto assegnato, ormeggio e, finalmente, posso sedermi in pozzetto, liberare la mente dall'ansia e darmi i pizzicotti per confermarmi che era vero, io e Ulyxes eravamo al sicuro. Da quel momento la ruota della fortuna ha girato in mio favore. Sono riuscito a rintracciare Jose', un amico spagnolo col quale avevo stretto dei buonissimi rapporti nel 2004, una gran brava persona che si e' precipitato al pontile e gli ho spiegato cosa mi era capitato. Non ho dovuto chiedergli niente. Siamo montati sulla sua BMW 1200, una moto che solo a vederla incute timore. Abitualmente non amo sedere sul sedile posteriore di una moto, ma non avevo scelta. Mi concedo solo un timido "Cuidado, io tengo miedo" (fai attenzione perche' io ho paura). Lui ride. Ma devo dire che ha guidato con grande prudenza e perizia. Mi porta prima ad un ristorante che avevamo gia' conosciuto insieme e ordino un filetto con "papas arrugadas" (patate al forno stile canario) . Lui, che ha una memoria strabiliante, mi ricorda che anche sette anni fa avevo ordinato le stesse cose, che poca fantasia da parte mia. Poi ci rechiamo alla sua officina, questa e' una vera officina. In un casino incredibile lui trova quel che serve. Taglia, lima, salda, filetta, impreca continuamente, "cogno" di qua e "cogno" di la'. Cogno, se fatte uno sforzo di immaginazione, suona un po' come l'ingiuria in sardo che finisce per "..?de mamma dua" , e, forza delle comuni discendenze latine, rappresenta esattamente la stessa parte anatomica femminile?. Bene, dopo alcune ore di lavoro il pezzo, solidissimo, e' pronto. Sono strabiliato. Ho gia' risolto una parte del problema senza le difficolta' che presagivo per trovare un'officina meccanica che avesse potuto realizzare quel che serviva. Il giorno dopo vernicio il pezzo con antiruggine e faccio tanti altri altri lavori della lunga lista che era nata dalla partenza da Cagliari. Dopo due giorni torno all'Autorita' portuale, non dico che il pezzo e' pronto, dico che ho bisogno ancora di due giorni. Stavolta trovo comprensione e mi concedono la proroga. Poi contatto il subacqueo per sistemare il coso in modo da occludere definitivamente la falla che, nel frattempo, pur dando l'idea che fosse stabilizzata, riceveva un controllo da parte mia ogni quarto d'ora almeno. Una vera paranoia. E poi e' arrivata l'apoteosi. L'uomo in tuta di neoprene viene a bordo, ci mettiamo d'accordo sul come fare, metto il mastice miracoloso sul coso fabbricato da Jose', l'uomo in tuta si immerge tenendolo ben stretto, io do due martellate sullo scafo (era il segnale), lui da' alcune martellate sul cono di legno che io avevo infilato nel buco, era tanto spinto bene che non voleva piu' riuscire. Poi, in modo improvviso, il cono viene sparato all'interno della barca. Prima che riesca ad occludere il foro con la mano ho il modo di rivedere, alla luce del giorno, il getto impressionante d'acqua che da quel buco irrompe in barca. Mi e' quasi venuto un colpo a rivedere quell'incubo. Poi l'uomo con la tuta sistema il coso nel buco, io dall'interno piazzo il rondellone e la ghiera che stringo a morte con una chiave da idraulico. E' fatto. Tutto finito. Non entra piu' acqua. Dopo aver pagato la modica cifra richiesta dal sub sono rimasto, seduto in pozzetto, per un pezzo, immobile, e quasi vuotato d'energie. E' stato come dopo un appuntamento molto importante della vita, un colloquio di lavoro, un concorso. Avevo la mente vuota, non avevo capacita' di pensiero se non che Ulyxes era salvo, io ero salvo.

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