mercoledì 12 ottobre 2011

Da Gibilterra

Innanzi tutto l'orario. Sono le tre del mattino, ora locale e solo cinque minuti fa, con la barca sicuramente ormeggiata, ho potuto togliermi gli indumenti di navigazione e indossare qualcosa di confortevolmente asciutto e non intriso di sudore. Sono stanchissimo e vi domanderete perche' non vada subito a dormire. Il motivo e' che ora non riuscirei a prendere sonno in nessun modo, il livello di adrenalina in circolo e' tale che chissa' quando comincero' a sentire l'esigenza di mettermi orizzontale. E allora mi sono apparecchiato le patatine e una birra gelata e mi son detto: parliamo un poco con gli amici, raccontiamogli il perche' di tanta adrenalina e cosi', magari, piano piano, mi si distendono i nervi e riesco anche a dormire. Ero partito da Cartagena diretto a Gibilterra con delle previsioni di vento che facevano pensare che finalmente Ulyxes potesse essere impiegato da barca a vela e non da ferryboat, peraltro lentissimo,come e' successo finora. Ho tutte le intenzioni di fare andare questo coso con le vele e non col gasolio, del quale peraltro non ne ho molto perche io, volpino, il pieno lo faccio a Gibilterra dove e' porto franco e certe cose, come i carburanti, costano la meta' che in Italia. Comunque a Cartagena ne carico quaranta litri. A voglia, mi dico, Ulyxes consuma poco e poi sta arrivando il vento, forse ne ho comprato pure troppo. Risultato? il giorno dopo debbo dirottare su Almeria per caricare altro gasolio, dopo aver passato una notte a dormire galleggiando come una papera di fronte a Capo de Gata, in attesa che il distributore aprisse. E il vento? Desaparecido, solo motore e poi motore. Riparto da Almeria dopo una fermata di pochissimi minuti, quasi un pit stop di Formula Uno. Stavolta, mi dico, a Gibilterra ci arrivo anche a motore, se il vento non arriva. Ma il vento sicuro arriva, quando mai si e' visto una bonaccia cosi' prolungata. Tolta la sventolata della notte precedente all'arrivo a Cartagena (era solo un F 7/8), sono state solo bonacce o brezzoline da niente. Ora il vento arrivera'. Risultato? Altre ore di motore per arrivare a una ventina di miglia da Gibilterra. Per tutta la mattina mi ero cullato nell'idea che comunque sarei arrivato a Gibilterra per cena. Alla barca ci pensava Pasqualino Settebellezze (un volgare autopilota elettronico, ma ci lega un feeling...), lui manteneva la rotta, Giovanni, il motore, faceva il lavoro muscolare. E io? mi dedicavo alle trasmissioni digitali, e con profitto. Finalmente Winmore funzionava. Ero riuscito a collegarmi col server di Roberto GRB in Sardegna, una vera goduria. Insomma, un momento di quasi relax. Alle nove, ora italiana, lascio Pasqualino in controllo della situazione, mi metto alla radio, parlo con gli amici di Cagliari, ma, stavolta sono sbrigativo e faccio un collegamento molto rapido. Il motivo c'e, sono ormai dentro il traffico dello Stretto, ci sono molte navi in giro e bisogna evitare incontri ravvicinati. E poi ho addosso una strana sensazione. Ormai sono vicino, il sole e' tramontato eppure all'orizzonte non vedo il chiarore generato dall'agglomerato urbano di Gibilterra e centri vicini. Me lo aspetto ma non arriva. Di notte avviene sempre, avvicinandosi dal largo un grosso centro urbano e' annunciato dal chiarore diffuso sul cielo. Comincia intanto a farsi notare un venticello da est (quello aspettavo sin dalla mattina). Saluto gli amici in radio e salgo in pozzetto. C'e' qualcosa di totalmente inaspettato: siamo nella nebbia! Bella fitta fitta.
Ieri mi sono fermato qui nello scrivere, la palpebra cadeva, complice la birra che, senza che me ne fossi accorto, era quella ad alta gradazione, per cui sono andato a dormire. Eccomi quindi di nuovo al omputer. Dicevamo la nebbia. La nebbia e' un problema che in barca fa diventare la situazione immediatamente critica, non ci sono strisce bianche da seguire come in auto, non puoi parcheggiare a lato della strada e aspettare che passi. No, devi andare (e dove, se non si vede nulla?), devi evitare di speronare qualcuno o, peggio vista la stazza degli antagonisti eventuali, evitare di essere speronato. Confesso che ho avuto un momento di, come dire, incertezza. Potevo invertire la marcia di 180 gradi e sperare di uscire dalla nebbia e tornare nel chiaro, ma questo mi avrebbe messo contromano rispetto al traffico delle navi che, fino ad un attimo prima vedevo sfilare al mio fianco in una lunga fila ininterrotta. Prospettiva davvero temeraria. Oppure potevo continuare. Cosi' ho fatto. Tirando fuori tutti gli ausili che Ulyxes ha e facendomi coraggio ripensando alla mia esperienza di volo senza visibilita' mi sono detto che si poteva fare. L'unico vero problema era la mia condizione di solitario. Perche' la situazione era questa, bisognava tenere accuratamente la rotta, non erano permesse liberta' di sorta, sono due code di navi e barche, una che esce e una che entra in Mediterraneo, ininterotte. E' anche permesso superare ma tutte le manovre devono essere logiche, chiare e decise. Non sono tollerabili variazioni cervellotiche. Alla rotta ci deve pensare Pasqualino,lui, davvero, e' molto volenteroso, ma poverino e' "nu poco curto", come lo skipper qualcuno malignera'. Se il mare e' calmo lui e' attento e preciso, ma se l'onda e' ben formata allora lui fa sforzi immani ma spesso la barca vince, la signorina e' ben pesante, e se ne va per i fatti suoi e lui dichiara che non ce la fa lanciando dei bip bip di resa. Ieri eravamo proprio in questa situazione, con un'onda di poppa che cresceva rapidamente e Pasqualino che ogni tanto lasciava che Ulyxes andasse dove voleva. Toccava tenerlo sotto controllo. Poi c'era da stare dabbasso, in plancia come la chiamo io, davanti allo schermo radar per controllare il traffico intorno ed essere cosi' pronti a prendere azioni evasive nel caso di pericolo di collisione. Dentro faceva caldo e umido, fuori era si umido ma il venticello era frescolino e dovevo preteggermi. Allora, per oltre due ore, con la cerata addosso, ho saltato da dentro a fuori e viceversa in continuazione. Dai una mano a Pasqualino, salta dentro e controlla Polifemo (scusate, non ho fatto le presentazioni, e' un radarino, minuscolo e tenero, che pero' gia' in alcune situazioni mi ha salvato la giornata), vedi se quella traccia si sta avvicinando oppure no, vedi se quest'altro e' un disturbo o magari e' una barca piccola che ogni tanto compare e poi scompare, senti il bip bip e corri fuori, mannaggia, Pasqualino piange e Ulyxes sta cercando di invadere l'altra corsia, correggi, rimetti il ragazzo al lavoro, guarda bene se per caso attraverso la nebbia intravedi qualcosa: una mazza! Torna giu' stando attento a non fratturati entrambe i femori su quella scaletta cosi' ripida. riprendi il controllo al radar. In tutto questo c'e' Giovanni, il motore. Chi e' uscito in barca con me sa che il motore di Ulyxes e' molto quieto e silenzioso, e' fatto lui cosi', ma questo deriva anche dal fatto che non lo mando mai su di giri. Ieri invece l'ho fatto lavorare per davvero, volevo essere rapido per evitare di essere superato con troppo scarto di velocita' tra me e le navi sopraggiungenti, volevo abbreviare la durata di questa situazione perche' la stanchezza e' un temibile nemico, infine avevo la percezione che il vento forte fosse in arrivo e volevo cercare di essere gia' in porto nel momento in cui fosse arrivato. Per questo il livello di rumore dentro la barca era stavolta davvero tanto, e questo era un motivo di disturbo non minore. Che bello che e' stato, dopo circa due ore di questa baraonda constatare un piccolo miglioramento della visibilta' che poi, nell'ora successiva, e' diventata di nuovo buona. Ed mi sono rallegrato di non aver rinunciato a tentarci. Ora mi trovavo di fronte a Punta Europa, il punto piu' a sud del continente europeo e che delimita il lato orientale della baia dove sorge Gibilterra. Era mezzanotte passata. La baia e' sempre letteralmente ingombra di navi all'ancora, bestioni che a volte, nel buio, non si capisce neppure se siano in movimento oppure alla fonda. E qui mi e' venuto in soccorso il tablet con la cartografia elettronica. Grazie Richi per avermelo preparato e grazie a Paolino per avermi dato l'idea. Praticamente, tenendo il tablet in mano, come fosse stato un libro, (tocchera' battezzarlo, si accettano suggeriemnti) guardavo la carta, osservavo e riconoscevo i punti cospicui sul terreno, regolavo la rotta su Pasqualino, cercavo di non incasinarmi con i movimenti che, malgrado l'ora, alcune navi facevano. Bisogna decodificare in particolare i segnali luminosi con i loro colori e lampeggiamenti, cosi' si riesce a capire dove si e' e dove bisogna dirigere per arrivare a destinazione. Data l'ora ero deciso a fermarmi per il resto della notte al molo carburanti (l'avevo gia' fatto una volta, anni fa). Nel frattempo va detto che il vento era molto rinforzato (c'e' quando non ci dovrebbe essere e viceversa!). Dalla rocca venivano giu' certe raffiche che facevano inclinare molto la barca anche se eravamo a secco di vele. Comunque trovo la mia strada, preparo le cime d'ormeggio e due parabordi. Potete immaginare lo stato d'animo in questi frangenti, entrare dentro la barca, nel buio, a cercare le robe, mentre fuori c'e' il casino che vi ho descritto, la barca va veloce perche' con quel vento non si puo' andare lenti, si manovrerebbe male, le opere portuali distano qualche decina di metri e sono di solido e duro calcare della rocca... quasi un incubo. Finalmente mi accosto al molo carburanti, scelgo una maniera per far lavorare il vento a mio beneficio e Ulyxes si appoggia gentilmente ai parabordi del molo. Salto giu' con le cime in mano e immobilizzo Ulyxes. Che bellezza, non ho rotto nulla, mi sono sistemato per la notte, comincio a respirare e... si avvicina una vedetta dell'autorita' portuale che mi aveva scortato in tutte le fasi finali dell'avvicinamento. Accosta e mi fa, candidamente, " Non puoi stare li". Il vento era un vero festival di raffiche. Gli dico che era solo per alcune ore, all'apertura del distributore sarei andato al marina. E' stato inflessibile, pero' ha allertato il marina, che era proprio davanti e, senza grandi problemi, se non di disappunto, chiamiamolo cosi', riesco ad ormeggiare nel marina. Poi documenti, passaporto, un poco di formalita' e, finalmente, posso tornare in barca e godermi la sensazione di aver portato a termine senza danni una cosa che obbiettivamente, in qualche momento e' stata difficile.
PS 1 Ma quel funzionario perche' avra' aspettato che facessi tutto il popo' di manovre per ormeggiare al molo carburanti e, solo a cose finite, farsi avanti e dirmi di sloggiare? era davanti a guardare e sarebbe bastato accostare prima e dirmi di andare via, cosa che ha fatto un quarto d'ora dopo.
PS 2 Ieri era un giorno no con le autorit??. Nel pomeriggio, in avvicinamento a Gibilterra, un barcone enorme, nero e minaccioso, con la scritta " Aduanas", mi si e' avvicinato a pochi metri, io ho tolto motore, un gruppo di uomini con divisa nera (ma che noia questo colore) e armatissimi si e' preparato a venire a bordo. Quello che sembrava il capo mi pone tutta una serie di domande, chi sei, da dove vieni, dove vai, perche' vieni da li', perche' vai di la'. Io ho mostrato la faccia piu' ingenua e angelica che mi riesce di fare, pero' alla domanda " dove metti hai messo il carburante che dici di aver comperato ad Almeria?" stava per scapparmi una battuta, che mi sono tenuto. Comunque decidono che non sono un pericoloso contrabbandiere, rinunciano all'abbordaggio e mi salutano. Io non riesco a trattenermi, una cosa gliela devo dire. Uso un'iperbole e gli faccio i complimenti per la bellissima barca. Lui, con un sorriso a trentadue denti, mi ringrazia e orgogliosissimo da ordine di ripartire. Che anche un grosso barcone nero possa essere un simbolo fallico?

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