martedì 15 giugno 2004

Un alaggio gallego

E così, per un'avaria alla tenuta dell'asse dell'elica, siamo finiti in quel di La Coruña. L'acqua dell'Atlantico, che noi volevamo tenere fuori della barca, insisteva nel voler entrare e farci compagnia. Siccome lei era tanta e noi eravamo pochi abbiamo dovuto accettare la legge del più forte: invece di far entrare lei, ce ne saremmo usciti noi. E così ecco che siamo pronti all'alaggio di Ulyxes. Lo scenario: siamo all’interno del porto “peschero” di La Coruña. C’è un bacino in cemento con le pareti altissime (qui le maree sizigiali raggiungono i 5 metri!); sopra il bacino troneggia un "travel lift", sarebbe una specie di carro-ponte, destinato a sollevare la barca. E' nuovo di trinca e sul suo ponte di comando impera Juan, un "operador muy practico", che ho conosciuto personalmente come persona svelta e simpatica, anche se il suo parlare gallego mi rende estremamente difficile capire ciò che dice. Il vento (e poteva essere differente?) soffia perpendicolarmente all'asse del bacino, ed è pure bello sostenuto, manco a dirlo. Poco male, Juan è sereno e, con mia sorpresa, mi fa cenno di entrare in bacino di prua. Di prua, anche con il vento al traverso, tutto è facile, senza sorprese. Mi allineo con la mezzeria del bacino ed entro in questa sorta di gabbia di cemento. Ho qualche dubbio che l’alaggio possa avere successo, non l’ho mai visto fare con la prua in avanti. Tento di obbiettare qualcosa ma Juan procede senza esitazioni. Lancia due cime, una a prua e una a poppa, ce n’è una per me e una per Amalia, così non litighiamo. Facciamo del nostro meglio per tenere la barca al centro del bacino. Juan manovra le cinghie di sollevamento come se stesse acchiappando farfalle col retino e, zac, con rapida mossa Ulyxes è immobilizzato e inizia il sollevamento. Io sono deliziato, le mie perplessità iniziali erano davvero senza fondamento. Juan sa che cosa sta facendo. E’ vero che sta manovrando un  travel lift grandissimo e che conosce poco ma, hombre, all'operador non mancano gli attributi. La barca sale, sale, arriva fino quasi alla sommità del bacino. Manca ormai poco. Ahi! Lo strallo, cioè il cavo che dalla testa dell'albero va giù a prua, nel sollevarsi della barca si è portato vicinissimo alla struttura metallica del travel lift, se si sale ancora di dieci centimetri si faranno grossi danni all’avvolgifiocco. "Stop Juan, non se puede".  E Juan si ferma, si gratta la testa, squadra la situazione, medita, calcola a mente il logaritmo dell'arcotangente di chissachecosa e poi sentenzia: “De popa”. Augh,  Juan, de popa. Non dico "te l'avevo detto", ma confesso di averlo pensato. Ecco quindi Ulyxes ridiscendere nell’acqua del bacino e io, appena la barca è di nuovo in galleggiamento, esco di gran carriera. Se uscissi lentamente il vento al traverso mi farebbe scarrocciare senza scampo su alcune boette che sono molto, ma molto vicine al bacino. Quindi dobbiamo entrare di poppa. Facile a dirsi ma difficile a farsi perché: 1) Ulyxes a marcia indietro manovra come una vacca che, presa per le corna, si tenti di spingere all’indietro attraverso la stretta porta della stalla. Il sedere del cornuto andrà a picchiare sugli spigoli dell’apertura, di qua o di la, e solo un colpo…di sedere appunto, può permettere di fare centro.  2) Il vento al traverso spinge la barca di lato, cioè la fa scarrocciare. Solo la velocità permette di contrastare lo scarroccio. C’è ancora un terzo fattore che poi vi dirò e che il quel momento ancora non conoscevo. I fattori 1 e 2 mi erano familiari e conoscevo anche la risposta adeguata: partire da lontano in marcia indietro con la poppa orientata verso il vento di una quarantina di gradi, assumere una discreta velocità, in modo che la vacca, hops Ulyxes, sentisse l'effetto del timone…e poi aver fede…. E così mi regolo, forte velocità indietro, il timone che in questi frangenti diventa durissimo e di pericoloso maneggio e un pò di cardiopalmo per il sottoscritto. Indirizzo la poppa con decisione sul lato sopravvento del bacino, Amalia, smarrita, fa disperatamente cenno al ciclopico muro di duro cemento che costituisce appunto il lato suddetto e che diventa vieppiù incombente. Nel frattempo vento e corrente di marea (eccolo il subdolo terzo fattore di cui sopra) ci spostano sottovento, molto di più di quanto mi aspettassi. In ogni modo, per un pelo davvero, riesco ad entrare nel bacino. Ma il bacino non è certo lungo, è appena qualche metro in più dei 12 metri di Ulyxes. Urge quindi fermare la barca. Che pesa l’inezia di quattordici tonnellate. E allora grande smotorata in avanti e, di misura, ci fermiamo, senza urtare Scipio e il resto degli ammennicoli contro la parete di fondo del bacino. Uff… non so nemmeno io come, ma ci fermiamo senza far danni. Juan ci lancia le solite cime e si mette ai comandi. Ma stavolta il santo protettore degli operatori di travel lift sta guardando da un'altra parte e non ci aiuta. Le cinghie-retino-per farfalle stavolta stanno sempre nel posto sbagliato. Troppo avanti. Troppo indietro. Ancora troppo avanti.  Dall'alto del travel lift Juan comincia a gridare in una variante locale del gallego, non si capisce una parola che fosse una. Gesticola, si fa paonazzo, scende dal travel, risale, urla qualcosa a me, poi ad Amalia, poi ancora a me. Noi dabbasso cerchiamo di fare l'unica cosa che in quella situazione potessimo fare, facendo forza con le mani nude contro le pareti interne del bacino, evitavamo che Ulyxes avesse danni urtando contro le pareti del bacino stesso. Con due sole cime, una a poppa e una a prua è impossibile tenere una barca al centro del bacino, Juan stava usando una tecnica errata. Ma non era possibile spiegarglielo per il motivo che io non parlo gallego e lui non parla italiano (comunque non credo che avrebbe ascoltato nessuno in quel frangente, era troppo eccitato). Dopo alcuni tragicomici tentativi di acchiappare al volo la barca, Juan scende dal mezzo, si sbraccia e sbraita. Vuole cacciarci via dal bacino. Io faccio del mio meglio per non tradire la mia irritazione. Uscire e rientrare, con i problemi di manovra che ho accennato sopra, non mi piaceva per nulla. Una volta era andata bene, non era detto che altrettanto accadesse la seconda volta, era una manovra rischiosa e reiterarla era veramente troppo. Ma non c'è stato nulla da fare, dovevo uscire, anche perché l'operador muy practico aveva incasinato le fasce e per risistemarle era davvero inevitabile liberare il bacino. Così eccomi, con la morte nel cuore, a uscire di nuovo dal bacino e scansare di misura le boe che, ne sono sicuro, sono lì per dare lavoro al cantiere, per i danni che le loro cime avvolte alle eliche sono capaci di provocare. A questo punto non so più che cosa il destino, sotto le sembianze di Juan, mi riservi. Lui ha lasciato il ponte di comando e si è allontanato. Io non so che cosa stia tramando, vorrei andare via ma non so dove andare, posso solo manovrare in cerchio, di fronte al bacino, in attesa di neppure io so cosa. Ma ecco Juan che ritorna, non è solo, c'è con lui un'altra persona, anche lui si chiama Juan, ed è il direttore del cantiere. Mi fa cenno che devo rientrare nel bacino e io, con la stessa baldanza di un condannato che si dirige al patibolo, organizzo la solita sceneggiata. Poppa al vento di una quarantina di gradi, tutta macchina indietro, timone di pietra, il bacino che si avvicina velocemente, la poppa centra miracolosamente l'apertura del bacino stesso e la barca è anche ben allineata. Bravo Gian Biagio! La parete di fondo del bacino si avvicina però molto velocemente, questa volta non mi frega, lo spavento di prima mi serve di lezione. Do tutta macchina avanti per frenare Ulyxes in anticipo, quando ancora metà barca è fuori del bacino. La barca si ferma. Capperi,… forse era troppo presto. Non solo si ferma ma riparte in avanti. Ho l'invertitore in folle ma lei, risucchiata dalla corrente di marea, dirige senza esitazione verso le ormai famigerate boe. Beh, era una bella situazione di m...da. Ormai mi vedevo con la barca impastoiata ingloriosamente tra boe, cime e barchette che erano ormeggiate appena sottovento. Di dare motore manco a parlarne, in quella situazione potevo solo riuscire a rompere qualcosa su Ulyxes. Però stavolta il protettore summenzionato stava evidentemente guardando di nuove dalle nostre parti e sentite com’è andata.  Mentre Ulyxes, indisciplinatamente, stava ultimando la sua inopinata uscita dal bacino, Juan,  l'operador muy practico, mi aveva lanciato una di quelle due cime di cui ai precedenti tentativi, accompagnando il lancio e i  successivi momenti con  tutta una serie di strepiti nella solita lingua incomprensibile. Io al solito non capisco nulla ma acchiappo al volo la cima e, con la forza della disperazione, tento una improbabile frenata di Ulyxes ( ricordo le 14 tonnellate…). Agli inizi devo mollare un po’ di cima per evitare di finire io stesso ingloriosamente in acqua. Poi, mentre la barca è ormai quasi completamente fuori dal bacino, come in un cartone animato, la corsa rallenta. Con le unghie e con i denti tengo, al limite delle mie forze e, miracolo, la barca si ferma. Ma è completamente di traverso rispetto al bacino, il pulpito di poppa si appoggia all'estremità destra del bacino mentre la prua è appoggiata al lato opposto, se scorre ancora dieci centimetri verso l'esterno la barca se ne va. Però almeno siamo fermi, io che tremo tutto per lo sforzo, mi guardo intorno alla ricerca di occhi compassionevoli, se allento solo per un attimo la presa la barca scappa via, succhiata dalla corrente. La situazione è di totale stallo, Juan l'operador muy practico continua a strillarmi cose che non capisco ma che, secondo lui, dovrei fare. Tengo la barca ormai con la forza della disperazione, alcuni curiosi, non mancano mai quelli, guardano dal di sopra del bacino in catatonica fissità. Mi sento ormai perduto ma l’altro Juan, il direttore, che il cielo lo benedica, interviene da par suo. Si cala dall'alto del bacino, lungo le sartie di Ulyxes, fino in coperta. Roba da film di pirati, un abbordaggio fatto come si comanda. Amalia trova la forza di esclamare: “Ma chi è questo, Batman?”.  Si piazza a gambe larghe, si mette ad  alare anche lui con energia sulle cime e poi non c'è più storia. Posizioniamo la barca, la centriamo, stavolta le cinghie sono al posto giusto e su, su,  in alto, finalmente Ulyxes va, e questa volta la manovra finisce con la barca ben appoggiata e sicura sul solido cemento.

P.S. Ad operazione terminata Juan l'operatore si è avvicinato con un cordiale sorriso e ha detto, con molto candore e in uno spagnolo comprensibile, stavolta, che sapeva di avere un brutto carattere quando operava sulla macchina e se ne scusava.

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